Alvi Trail 2018 - Il racconto di Matteo Piazza

Da piccolo divoravo libri fantasy come fossero ciliegie. 
Personaggi epici, maghi e guerrieri vagabondi si mescolavano alla gente comune in una serie interminabile di avventure, caratterizzate da un lungo infinito viaggio; iniziato senza speranza e costellato di incontri, scontri, perdite, scoperte.
Un viaggio iniziatico, durante il quale quello che, in fondo, era il protagonista vero, cadeva e si rialzava, si perdeva per poi ritrovarsi; e imparava, cresceva. Finchè un bel giorno, incredulo, si ritrovava alla fine del suo viaggio. Sempre lui, ma completamente diverso. Un nuovo piccolo grande uomo, svezzato dal viaggio.
La compagnia allora, quasi sempre, dopo cerimonie regali, si separava con gli occhi lucidi, in silenzio, perchè nella malinconia dell’addio non era più necessario proferire parola alcuna.
Tutti tornavano a casa, ma senza ritrovarla, perchè il viaggio non si sarebbe mai concluso e ciò che prima era quotidiano e famigliare era ora estraneo, lontano, offuscato dal legame inscindibile creatosi coi luoghi e coi compagni insieme ai quali si erano attraversate le tenebre.
Leggevo e sospiravo: a chi non piacerebbe fare parte di una tale avventura? ?

E poi, forse perchè tendiamo in qualche modo a romanzare la nostra vita, forse perchè, prima o poi, quello che siamo davvero, se abbiamo un po’ di coraggio, salta prepotentemente fuori, ecco che l’avventura ha inizio.

“Pssst!” mi sussurra la creatura. È una fata? Un mostro? Non lo so. Mi avvicina furtiva, guardandosi sospettosa intorno. Il mondo è svanito, avvolto dalla nebbia. Siamo io e lei: Fata Internet. Mi sussurra “Devi solo dire di sì e partirai finalmente anche tu” sogghigna ambigua, “devi solo avere la follia di credere che sia possibile”… e svanisce… e io ho già detto di sì! Ci sono dentro per davvero, diamine! Mi sono iscritto all’ALVI TRAIL Liguria (sapete, quelle cose che si fanno in momenti di poca lucidità, dicendo tanto manca un sacco, non arriverà mai, bla bla bla…). ?

Sono le prime ore del pomeriggio a Dolceacqua, un paesino nell’entroterra di Ventimiglia in cui il tempo sembra essersi fermato. Pietre antiche, ponti audaci sulle acque del fondovalle, vicoli stretti e misteriosi, che ti avvolgono per sussurrarti storie di altri tempi.
Qui, ai piedi del castello che ci sovrasta, nella piazzetta del borgo medievale, sono solo un piccolo e fragile mezzuomo (scusate i continui rimandi, ma Luigi Mostosi mi ha dato il la per mischiare realtà e tregenda… tra l’altro… con tutti i funghi che si trovavano per strada mi sono sentito per davvero un hobbit), cullato da un mare di dubbi e incertezze; io partire per questa cosa? Figuriamoci, come potrò mai arrivare sano e salvo alla fine?
Mi circondano personaggi straordinari, guerrieri, che raccontano di avventure inimmaginabili. Mi sento smarrito, all’inizio di un viaggio epico che, allora, mai avrei pensato di concludere. Perchè in questo tipo di corse, almeno per me, il lato sportivo passa sempre in secondo piano. E non c’è nulla di così umano, forse troppo umano: muoversi all’infinito tra le montagne, io, le mie gambe e il mio zainetto col minimo indispensabile alla sopravvivenza. Carico di tutta la bellezza, le paure e le incertezze che salgono dalle caviglie per risalirti lungo la schiena e adagiarsi comodamente nello zaino, pisolando, in attesa di saltarti al collo quando meno te lo aspetti.

Intendo: domani parto per attraversare di corsa tutta la Liguria, un viaggio nell’ignoto di 400km, +17.000m di salita, per montagne, boschi, sassi, nebbia, vento, pioggia… 
Verrà la fatica, tanta; i dolori, ai muscoli, ai tendini, ai piedi, alla schiena; la stanchezza della testa, i polmoni pesanti, il cuore che dice basta, lo stomaco che implora di fermarsi; la fame, la sete; il freddo a volte, il ben più temuto caldo che non dà tregua. Ci saranno i chilometri corsi in compagnia, voleranno nelle chiacchiere; ci saranno i km di solitudine, come sempre accade, che non finiscono mai. E la voglia di fermarsi, basta, ma perchè andare avanti? E la forza per continuare, dai, ancora un passo, solo uno, fino al prossimo ristoro, poi vediamo.
Tutti compagni con cui impari a condividere il viaggio. Tante volte riesci a zittire i mostri che ti gridano nella testa. Alcune volte vincono loro e la tua avventura finisce.

Ma 400km? 8 giorni sono lunghi e tutto può accadere; basta una cosetta da nulla e si torna a casa, si esce a margine del viaggio e per settimane, mesi, si rimane appesi al filo dell’inconcluso, come imprigionati in un limbo doloroso da cui non si riesce a fuggire. È capitato. La tua testa continua a tornare a quel singolo momento di debolezza: bastava un minuto in più seduto, rallentare per un chilometro, mangiare una banana. E invece no. Game over.
Cavolo, quanti pensieri, troppi, e non siamo ancora partiti. Non me li posso portare tutti dietro, non ci stanno nello zaino, pesano. È quasi ora di partire, ora dobbiamo essere leggeri. ?

È la prima volta che partecipo a una gara di questo tipo e al bagarino delle scommesse ho puntato contro di me: non credo di poter andare oltre il terzo giorno! ?
Insomma: rendo l’idea di come mi sento quando venerdì pomeriggio arrivo al ritiro pettorali a Dolceacqua?

Ok, serve un po’ di musica però, per creare il “mood” giusto. 
Ad alcuni bastano le immagini, ma le foto, per quanto bellissime, non trasmettono tutte le emozioni (Sergio Pitzalis, ma come hai fatto a scattare delle foto così belle? Dopo averne viste qualcuna capisco cosa intendevano gli indigeni quando dicevano che una foto può rubarti l’anima!).

Le parole ricamano sulle immagini, arzigogolando tra i momenti andati perduti tra una foto e l’altra.
La musica chiude il cerchio, richiamando emozioni, cementando di sogni silenziosi e malinconici quanto è stato.
Lo so, forse non c’entra nulla (no, ma davvero, proprio nulla) ma questa versione bluegrass di “Sweet Child of Mine” (https://www.youtube.com/watch…) secondo me è perfetta. ???
Rende l’idea di una calma trotterellata per monti e valli; senza prendersi troppo sul serio; al ritmo del vento che soffia e muove i fili d’erba in un prato. Immaginate di essere sdraiati in quel prato e guardare i nostri i piedi che avanzano mentre, passo dopo passo, compongono una melodia simile al suono della pioggia leggera.
Quindi ora smettete di leggere. Fate partire la musica e tornate qui solo dopo le prime note di mandolino! ?

“She's got a smile that it seems to me
Reminds me of childhood memories
Where everything
Was as fresh as the bright blue sky”

Conosco Francesco Bergonzi alla cerimonia inaugurale tra le mura de castello. Chiacchieriamo un po’ di altre gare e di montagne.
È chiaro che, come con gli altri partecipanti, chi per una cosa, chi per un’altra, c’è sintonia. Siamo un branco di matti, non c’è dubbio, ma tutti simpatici e interessanti. ?
Mi spiace di non aver fatto più strada insieme, ci saremmo sicuramente divertiti. Alla prossima occasione Francesco, dai!

Poi cala la sera (ansia! Vuol dire che tra poco dovrò iniziare a correre!) e… scopro di avere il materassino bucato! ?
Mamma, che figura da niubbo! ?
I controlli sul materiale fatti la sera precedente non sono serviti (sì beh certo se prepari la notte prima di partire un borsone enorme col materiale per correre per un’intera settimana cosa potrà mai andare storto?). E dire che ho fatto di tutto per garantirmi il massimo del riposo tra una tappa e l’altra; mi sono persino comprato un cuscino! Boh, forse ho preso dentro da qualche parte. Iniziamo bene… una felpa sotto le chiappe e via… Scopro che in fondo dormire sul pavimento per tutta la settimana non fa poi così male e fa molto cowboy (ricordate la scena di “Lo Chiamavano Trinità” in cui Bud Spencer - Bambino dorme per terra con la testa appoggiata sulla sella di fianco a un comodo letto?). 
Per fortuna in un paio di palestre lungo il percorso troverò dei materassini di rimpiazzo. Inconvenienti del mestiere. ?

E poi… e poi… beh, poi arriva il mattino e ci tocca partire per davvero!
Ricordate la scena del Consiglio di Elrond nel Signore degli Anelli? Quando tutti cominciano a litigare e Frodo si alza e si assume il carico di portare fino in fondo l’anello per gettarlo nella lava di Monte Fato. Ecco, alle 7:30 del mattino nella piazzetta di Dolceacqua è un po’ così. No, non perchè ci mettiamo a litigare! Ma per le parole dette da Frodo in quell’occasione:

“Lo porterò io! Solo...non conosco la strada.”

Ma ecco che interviene prezioso il nostro Davide Mangraviti, novello Gandalf: 
“Ti aiuterò a portare questo fardello. Usa il tuo GPS, è l’amico che non ti abbandona mai!” ??

E poi d’intorno levarsi voci:
“Se con la mia vita o la mia morte potrò proteggerti, io lo farò! Hai i miei pomodorini!”
“E hai la mia focaccia!”
“E il mio paracetamolo!” (esclama con voce baritonale un muscoloso nano barbuto con ai piedi delle scarpe dalle suole enormi).

… no, non è vero, non le ha dette nessuno queste cose, ma fanno tanto atmosfera! ???

Tappa uno: Dolceacqua - Mendatica. 
È il primo giorno e ci conosciamo ancora poco. In questo primo giorno corro un po’ con Kat Runner, Vincenzo e Marco. Vanno come dei treni e faccio fatica a stare con loro. Forse la tappa più bella o quella a me più congeniale. Montagne che in alcuni tratti ricordano le Dolomiti, salite salite salite. Sassi.
E poi incontro Alessandro… sei andato fortissimo fin da subito e io il primo giorno arrancavo. Ma ricordo che a un certo punto, al ristoro, ti ho raggiunto (o forse mi hai aspettato) e lì mi hai detto “sono troppo felice che sei qui e stai andando così bene”. Non so perchè, nemmeno mi conoscevi, ma forse ci siamo trovati in sintonia da subito, come due CAPRONI. ?E poi abbiamo corso insieme fino alla fine di quella tappa. Divertendoci (e quasi uccidendoci un paio di volte, porto ancora stampato in faccia il pezzo di un ramo di un albero alla periferia di Mendatica) sulla discesa finale. E il giorno successivo tutta la tappa corsa insieme, dall’inizio alla fine. Ridendo, correndo, parlando di tutto, come vecchi amici. Come mohicani all’inseguimento dei cattivi. Non lo scorderò mai. In quei due giorni (ma anche negli altri) da te ho imparato tanto. Su cosa voglia dire correre e amare la corsa. E non solo. Ricordati che abbiamo una cosa in sospeso, ci vediamo presto a Finale…
Il primo giorno conosco anche Mark Harber che mi racconta un po’ delle sue belle e coraggiose scelte di vita. Mark l’inglese, fortissimo, ma scoprirò quanto solo nei giorni seguenti (Mark, you are hard as a rock, man).
A dieci km dall’arrivo faccio la conoscenza di Alfredo. Che dire: di primo acchito rimaniamo un po’ esterrefatti per il suo modo di fare, sempre preoccupato dalla competizione, dal podio, dalla posizione. Nei giorni successivi ti ho capito di più, Alfredo, e ora posso dire che sei un grande, un atleta fortissimo, ma non solo.

Tappa due: Mendatica - Calizzano.
Il secondo giorno scorre veloce, i chilometri svaniscono correndo e finendo insieme ad Ale. La bellissima salita al Monte Galero aggiunge un tocco di magia, tra la nebbia e le nuvole che vanno e vengono, come fossero sipari dietro i quali appaiono e scompaiono le guglie di questa cima.

Tappa tre: Carcara - Vara Inferiore.
Il terzo giorno la tappa è divertentissima: continui e nervosissimi saliscendi. Un ripido tratto nel bosco a saltare come caprioli tra i tronchi degli alberi abbattuti dal gelicidio. Mi sembra di essere tornato in ValGrande. 
Qui conosco Giorgio, fortissimo, semplice e sempre sorridente e che, chissà perchè, non solo io ho scambiato per Marco Olmo! A lui rivelo di essere un “Bradipo del Mottarone” (il finto squadrone delle infinite avventure in montagna composto da me e dal Raf). Alla fine della tappa mi farà un gran complimento (soprattutto detto da lui): tu del bradipo non hai proprio niente! Beh dai, qualcosa almeno sì: il sorriso ebete sempre stampato in faccia! ?
E poi Yury Shtankov. Yury è il nostro campione dalla Russia. Purtroppo ha dei problemi ai piedi e alle gambe e oggi è proprio abbattuto, non ce la fa ad andare veloce. Quasi gli chiedo il permesso di passarlo (corro o mangio le focacce fritte?). Yury, è stato divertente cercare, disperatamente, di starti davanti, sapendo che, prima o poi, ti avremmo visto comparire silenzioso alle nostre spalle e poi sparire.
Mi dispiace davvero per l’infortunio e che tu non sia riuscito a concludere tutte le tappe. Ma mi hai fatto capire cosa sia un vero campione. In bocca al lupo per i tuoi campionati e tutte le gare che verrano.
A cena parlo un po’ con Luca Alpestre (è stato bello rivederti a Cortina e vedere correre il tuo piccolino). Anche lui mi racconta delle incredibili gare che ha già fatto e sta per fare (e mi mette in guardia sul fango all’arrivo della LUT... su cui però mi divertirò un mondo!).
Questa notte si dorme alla base scout! Quanti ricordi: la mia parte scout di Gruppo Scout Arona 1 è sempre là in fondo, dormiente, e mi ricorda quello che sono stato per essere oggi quello che sono.

Tappa quattro: Vara Inferiore - Busalla.
Divertente il quarto giorno. Si inizia nella nebbia per poi correre su e giù per rocce bagnate e sentieri di sassi aguzzi. BEEHEEEEE, urla la capra che è in me. È oggi che incontro davvero Fabio. Che forza d’uomo! Parliamo per ore. Finché non riesco più a stargli dietro negli ultimi chilometri di discesa. C’è forse un’affinità naturale tra alcuni amanti della montagna. E, l’ultimo giorno a Portovenere, prima di salutarci, ci siamo guardati a lungo negli occhi, credo dicendoci tante cose senza proferire parola (mi stavano partendo le lacrimucce però).
No, l’inno dei giorni seguenti non era ancora stato scritto (“Ho scritto paracetamolo sulla tracciaaaaaa” cantato sulle note di “Ho scritto t’amo sulla sabbia”), ma qualcosa nell’aria già c’era. 
All’arrivo a Busalla ho anche io la fortuna di fare un incontro ravvicinato col mitico dottore Bruno Thomas. Bruno ha partecipato a gare in tutto il mondo come concorrente e come medico. Mi intimorisce un po’ la prima volta che lo vedo, alla presentazione della gara, così serio, così autorevole. Ma poi, giorno dopo giorno, scopro che grande uomo sia. In piedi dalle 5 del mattino fino a tarda sera per cercare di curare tutti e risolvere i nostri piccoli e grandi problemi. E sempre pronto durante la gara a un sorriso, una stratta di mano, un incitamento.
Io sto bene, in un momento in cui lo vedo libero decido di farmi dare una guardata a una piccola vescica sotto un’unghia, tanto per poter dire che anche io sono stato curato da Bruno. 
L’avessi mai fatto! ?
Tralascio i particolari più splatter dell’intervento, ma in pochi secondi ho capito come trattare una vescica e tornare in piedi più forte il giorno seguente. Grazie dottore, è tutta esperienza che metto in saccoccia e porto con me. Grazie di tutto.

Tappa cinque: Busalla - Torriglia.
Nella tappa cinque mi sento bene e vado in fuga. Mi spiace abbandonare Fabio negli ultimi chilometri, ho voglia di arrivare, dopo tanto umido e fango e un paio di cadute sulla stessa rotula. Faccio in tempo ad arrivare e si scatena il temporale. 
Ma sono fortunato: nella pioggia vedo arrivare Brenda Williams, atleta dal Canada, in coppia col fortissimo Steven Miller, e ho la fortuna di scambiare qualche parola con lei. Brenda, ti ho vista sorridere sempre, dalla prima all’ultima tappa, dalla prima alla ultima ora del giorno. Eri un faro nella notte. Ti guardavo sorridente e capivo che eravamo tutti lì per amore dell’avventura e della natura, anche e soprattutto nei momenti più difficili. Anche a te devo qualcosa.
Mentre cazzeggio mi dicono che Yury è caduto male e si è lussato una spalla. No, così no. Ci rimango malissimo. Ma Yury no, non si arrende. E così, nei giorni successivi, posso osservare tutta la grinta e l’amore per la corsa di questo campione.

Tappa sei: Torriglia - Rezzoaglio.
La tappa più corta, la tappa più sofferta. La stanchezza comincia a farsi sentire.
Oggi corro finalmente anche con Luigi Mostosi e Sergio Barcella. Che omoni! No, non perchè sono grossi, ma perchè sono grandi! Per un attimo penso persino che siano fratelli, tanto, almeno questa è l’idea che mi danno, si prendono cura l’uno dell’altro. Sergio, atleta eccezionale, generoso, riservato e pacato, sembra il fratello maggiore. Gigi al suo fianco, indomabile, ti fa sentire suo amico da sempre solo da come ti chiama per nome. Si vestono di giallo fosforescente, ma sono poco appariscenti, tanto sono perfetti nel loro essere squadra e fondersi con la montagna mentre corrono. Faccio fatica ad avvicinarli (per colpa mia, mica loro); poi non li lascerei più.
Grazie, perchè voi due, in questa giornata, insieme ad Ale e Fabio, mi avete letteralmente trascinato fino alla fine.
Sergio, Gigi, Ale, Fabio e io. I magnifici cinque cavalcano ancora! ?
Oggi in pratica abbiamo corso praticamente tutti insieme, vicino a Yury con una spalla e un braccio fasciati, per supportarlo, in qualche modo, fino alla fine.
Oggi non sarei riuscito a dare di più.
A cena riesco finalmente a fare due chiacchiere anche con Takao Kitada arrivato fin qui dal Giappone. Parliamo un po’ dell’Italia, del Giappone e delle gare incredibili che ha fatto e per cui si sta allenando. Ha corso per quasi 300km con la bronchite, sotto effetto di antibiotici. Domani sarà quasi guarito e scoprirò quanto può essere inarrestabile un samurai. Bushido, amico mio!

Tappa sette: Rezzoaglio - Castiglione Chiavarese.
Il settimo giorno sono un cadavere. Forse il troppo sole che batte senza pietà, il caldo. Vedo volare intorno a me elefantini rosa a puntini gialli fosforescenti. Ho la testa leggera. Sogno soltanto di mangiare un’anguria. Arrivo in fondo grazie alla compagnia di Fabio e Katia (grazie della bella e interessante chiacchierata. Credo che rifletterò sui tuoi consigli su come migliorare i miei punti deboli nella corsa). E… sorpresa delle sorprese, saranno forse i miei poteri sovrannaturali: all’arrivo c’è l’anguria per davvero (non credo fosse un miraggio, ho anche una foto che lo testimonia). Arriviamo a Castiglione Chiavarese come fosse l’UTMB: mega gonfiabile, dj, musica a palla e il sindaco che ci intervista uno ad uno col microfono! 
Sono sette giorni che corro ragazzi. Io nemmeno ci credo.

Tappa otto: Castiglione Chiavarese - Porto Venere.
È l’ultimo giorno: corro con Gigi e Sergio, come fossimo Aragorn, Gimli e Legolas all’inseguimento degli orchetti. 
Sappiatelo: è colpa di Gigi (con la complicità di Luca) se mi sono venuti in mente tutti questi riferimenti. 
Alla partenza dell’ultima tappa mi fa quello che forse è il più grande complimento che mi sia mai stato rivolto: “corri come Legolas sulle nevi del Caradhras”. 
Da rimanere senza fiato! ???
Portovenere; che dire… tanti ricordi di una bellissima giornata di capodanno di qualche anno fa… e poi i nostri nomi epicamente annunciati al microfono da Luciano Bongiovanni, mentre scendiamo la scalinata che dalle mura del castello porta giù in piazza, sulla riva al mare.
Il mio unico pensiero dopo 400 km di corsa? Dopo tanta fatica? “Stai attento, non scivolare su questi gradini stretti, che se arrivi giù a Portovenere a rotoloni non ci fai una gran figura!” ?

Portovenere. PORTOVENERE. P.O.R.T.O.V.E.N.E.R.E. Wow, what a ride! 
Qui ci sono la medaglia, tutti i nuovi amici insieme, l’anguria, qualche dozzina di gelati che divoro come fossero noccioline, le persone sulla spiaggia, il mare, il guardarsi a vicenda e sorridere, perchè non ci credi che ci sei arrivato, perchè ti dispiace di esserci già arrivato, dai, ripartiamo, continuiamo, non voglio fermarmi.

Amo queste corse, perchè in questo modo i posti che vedi ti entrano dentro e ti appartengono. Perchè ora, ogni volta che tornerò a Portovenere, che visiterò la Liguria, avrò centomila piccole memorie che mi faranno sorridere. Credetemi, i luoghi vissuti in questo modo non sono più gli stessi.
Alcuni dicono che correre sia una droga. Credo sia più simile a una forma evanescente d’arte cui non puoi fare a meno di dare sfogo; le montagne sono la tela, le tue gambe il pennello e a volte dipingi per te stesso, a volte per gli altri e con gli altri.

L’ultima sera conosco finalmente anche Wolfgang. Mangiamo una pizza e facciamo una bellissima chiaccherata, parlando di corse, montagne, architettura, recupero degli edifici alpini e intelligenza artificiale. Peccato non aver conosciuto meglio Wolfgang, una persona favolosa e interessantissima, qualche giorno prima. Wolfgang, che mi seguirà entusiasta lungo tutta la durata della LUT, incitandomi. Grazie anche a te, non poteva esserci conclusione migliore.

Un grazie anche a Paolo e Mauro, grandissimi atleti, vincitori per ben due volte a parimerito, perchè amici e persone favolose. Con voi ho scambiato solo qualche sporadica parola. Ma ho capito che siete due persone fantastiche. Grazie anche a tutti gli altri, che non ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere.

Sì, ora qui ci vorrebbe una pacata e malinconica musichetta per piano… è finita no? Basta rompere le palle con tutte queste idiozie, vogliamo andare a casa a dormire, fate partire i titoli di coda…

Ah no, scusate, non ho mica finito! 
Questi erano i concorrenti. Ma l’organizzazione! 
Accidenti! Se mi doveste chiedere un solo motivo per partecipare a questa gara vi direi di farlo solo per chi ci sta dietro. 
Luciano Bongiovanni, Davide Mangraviti, Antonio, Luca, Remo… scusate, probabilmente non vi ho conosciuto tutti e mi sono sicuramente dimenticato di qualcun altro. 
Luciano: partecipare a una gara così e avere un rapporto così stretto con i suoi organizzatori non ha prezzo. Soprattutto se sono persone speciali come te. Eravamo tutti stanchi e irritabili, ma tu e gli altri, insieme a Bruno, Davide e Antonio eravate sempre lì per dirci una parola di conforto, un consiglio, per farci due risate, per smazzarvi tutte le nostre beghe e bagagli, per farci sentire a casa, pronti per una nuova giornata di gara.
Grazie, perchè credo che questa edizione dell’ALVI sia riuscitissima per merito vostro. Un perfetto connubio di atleti e organizzatori e volontari. Ci avete dato tanto.
Noi dobbiamo solo correre in fondo, siamo solo: ALVI TRAIL LIGURIA 2018 - GLI ATLETI. Ma chi fa il lavoro vero, quello duro e sporco, siete voi.
Effetto ALVI… è vero.

Grazie a Linda e Verdiano per il loro inarrestabile drone ronzante (non ho ancora capito come facevate a correre più veloci di noi ed essere sempre un po’ più avanti).
E grazie a Sergio Pitzalis per le foto bellissime (Sergio Pitzalis Photo), le chiacchierate e lo spirito affine. Spero tu riesca a continuare a correre alla grande.

Titoli di coda! Dai, dai, dai…

Eh no! Quasi scordavo! ?
Ci sono anche Diana Barbieri e Pietro Campione: con loro ho avuto la fortuna di passare un po’ di tempo alla Lavaredo Ultra Trail, pochi giorni dopo l’ALVI. 
Già, sono così fortunato da essere riuscito a correre subito dopo anche la LUT… 120km e quasi +6000m di dislivello.
Come ho fatto a rimanere in piedi? Non lo so. Forse siamo nati per questo.
O forse posso solo parafrasare Morgan Freeman ne “Le Ali della Libertà”, perchè così mi sono sentito dopo due settimane di libertà, due settimane di vita vera.

"O fai di tutto per vivere, o fai di tutto per morire". Io ho scelto di vivere. E … ho commesso un crimine: ho violato la libertà condizionata. Non credo che metteranno dei posti di blocco per questo, non per un vecchio come me. Sono così eccitato che non riesco a stare seduto, né a concentrarmi su qualcosa. Credo sia l'emozione che solo un uomo libero può provare. Un uomo libero all'inizio di un lungo viaggio la cui conclusione è incerta.”

Devo ringraziarli, Diana e Pietro, perchè oltre alla bella compagnia sono venuti a fare il tifo per me e ad aspettarmi all’arrivo! Siete una coppia bellissima, siete grandi! Credetemi, vi guardavo con ammirazione ogni giorno quando arrivavate a conclusione della tappa. E mi avete fatto il dono più grande che un uomo possa desiderare in quelle condizioni: un passaggio sul vostro camper fino in campeggio a gara conclusa! ?
Oh, e come scordarsi? Stavo cercando di dormicchiare nel mio tendino, il pomeriggio prima della partenza, quando una voce amica mi ha svegliato di soprassalto: era venuto a trovarci anche Fabio! ?
Un po’ di ALVI alla LUT! Che meraviglia. Se sono andato alla grande lo devo anche a voi. ?

E poi a Cortina a farmi compagnia c’era anche Davide, vecchio amico del Collegio Cairoli (è proprio vero: il collegio è una grande famiglia!). 
Gli ho fatto fare un po’ da sherpa e senza il suo supporto forse non sarei nemmeno riuscito ad arrivare alla partenza! 
Complimenti per la tua corsa al Cortina Trail, continua così, spero riusciremo a condividere tante altre avventure! E, se sono stati giorni spensierati, è anche merito tuo.

Ma la LUT è un’altra storia e si dovrà raccontarla un’altra volta. 

520km e quasi +24.000 metri di salita corsi in due settimane.

Sì.

Sono soddisfatto? Soddisfatto non è la parola giusta credo.
Magari per qualcuno non è niente di che, ma, per quanto mi riguarda, sono felice. Non per esserci riuscito, ma per come ci sono riuscito, per come ho corso, per quello che ho visto e imparato, per le persone che ho incontrato. 
E vorrei dedicare queste due settimane alla mia mamma, che se da un lato credo sia un po’ orgogliosa di me, ciononostante, quando faccio queste cose, continua a chiedersi quando metterò la testa a posto! ?
E che poco prima della mia partenza si è rotta una gamba. Non servendo a lei forse mi ha trasmesso un po’ della sua forza. 
Se sono arrivato fino in fondo senza colpo ferire è perchè mi ha fatto proprio bene! ?

Un’ultima cosa.
Ragazzi, cosa vi posso dire se non “grazie, di nuovo, di cuore”. Il mio unico rimpianto è di non avervi tutti vicino per poter correre con voi ogni settimana… e che tutto questo è durato poco, troppo poco! ?
Grazie a tutti, perchè per me siete fonte d’ispirazione: chi è arrivato, chi ha corso con me, chi solo ha avuto la pazzia di provarci e ci ha dovuti lasciare per strada. Perchè questa follia è sintomo di grandezza! 
Nessuno di noi è semplicemente un atleta: ciascuno di noi è una persona speciale che ha portato in gara tutto l’immenso bagaglio della vita, le vittorie, le sconfitte, il passato, coi suoi momenti difficili, le speranze per il futuro. 
Non so come dire. Ma nello zainetto di ciascuno c’era molto di più delle sole barrette di carboidrati. 
Da oggi ci sarà un po’ di ciascuno di voi in ogni mia corsa. Una parola che mi farà sorridere; un pensiero che mi aiuterà ad andare avanti nonostante tutto; un consiglio che servirà a migliorarmi; un gesto gentile che potrò regalare.

Cito, giuro, per l’ultima volta Lo Hobbit, giuro, poi basta. ???

“Mithrandir... perché il mezzuomo?”
“Non lo so... Saruman ritiene che soltanto un grande potere riesca a tenere il male sotto scacco. Ma non è ciò che ho scoperto io. Ho scoperto che sono le piccole cose... le azioni quotidiane della gente comune che tengono a bada l'oscurità. Semplici atti di gentilezza e amore. Perché Bilbo Baggins? Forse perché io ho paura... e lui mi da coraggio.”

ps: chiedo scusa a tutti quelli che non ho nominato, che non ho ricordato, che non ho ringraziato o con cui non sono riuscito a scambiare qualche parola (e tra i volontari ce ne sono sicuramente tanti). È stato tutto bellissimo anche per merito vostro.

pps: chiedo scusa a Facebook se con questo post mielenso mi sono dilungato così tanto che impallerò tutti i loro server e cancelleranno il mio account.

ppps: chiedo scusa al fantasma di J.R.R. Tolkien per le idiozie che ho scritto (e anche a quello dei Natali passati, non si sa mai). Non me ne voglia: non sono poi tanto peggio di Tom Bombadil (e, se per questo, nemmeno di Radagast dopo che si è ingollato i suoi funghetti allucinogeni).

pppps: chiedo scusa ai tolkeniani puristi, lo so, ho citato a caso e dai film, non dai libri… pfff che palle che siete!

ppppps: chiedo scusa alla Lavaredo Ultra Trail: vivete in posti stupendi e la vostra gara è bellissima (certo se tagliaste i primi inutili 42 km sarebbe ancora meglio), ma mi è piaciuto molto di più partecipare all’ALVI! ?

pppppps: chiedo scusa ai trail runners seri, ma non avevo nulla di serio da dire e tantomeno da dire sul trail running (dai in fondo Anton Krupricka ha già detto tutto quello che c’era dà dire: “A correre sono capaci tutti, in fondo si tratta solo di mettere un piede davanti all’altro”). ???

Disclaimer: praticamente tutte le foto dell’ALVI di questo album sono state scattate da Sergio Pitzalis (suoi tutti i diritti su Sergio Pitzalis Photo). Grande corridore (perdonatemi ma la parola “runner” mi fa proprio cacare!), persona favolosa e incredibile fotografo (e questo lo potete constatare da soli).

E ora i titoli di coda, quelli veri, finalmente! 
Una leggera dissolvenza sul mare di Portovenere, mentre un gruppo di elefanti rosa a pallini gialli, con gonnellino rosa, in fila uno dietro l’altro, si tuffano sincronizzati in acqua, sulle note di Purple Rain (https://www.youtube.com/watch…).

Lo so: sono un romantico… 

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